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Terre e Rocce da Scavo Normativa: rifiuti o sottoprodotti?

La gestione delle terre e rocce da scavo e dei materiali derivanti dall’attività di costruzione e demolizione è uno tra i temi più delicati e controversi presenti sullo scenario normativo nazionale.

Questo articolo nasce proprio come focus su terre e rocce da scavo, normativa nazionale e classificazione come rifiuto o sottoprodotto.

Per decenni, terre e rocce da scavo sono state trattate come un materiale naturale da reimpiegare o portare in discarica senza alcuna verifica sul grado di riutilizzabilità o di inquinamento eventualmente presente.

Hai già le idee chiare sul riutilizzo delle terre e rocce da scavo e ti serve un parere tecnico? Chiedi una nostra consulenza.

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Terre e rocce da scavo normativa: rifiuto o sottoprodotto?

Con il Testo Unico sull’Ambiente, il d.lgs. 152/2006, sembrava che anche i terreni e le rocce dovessero essere trattati alla stregua di rifiuti, con la conseguente crisi di tutta la filiera che, in termini economici e logistico-funzionali, non era preparata a smaltire correttamente una quantità così ingente di residui.

Con la pubblicazione del DPR 120/2017 (Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo) entrato in vigore il 22 agosto dopo numerosi tentativi di semplificazione, viene riscritta integralmente una disciplina articolata e complessa.

Scopri in questo video la definizione normativa corretta di rifiuto.

Recupero terre e rocce da scavo come sottoprodotti

Nello specifico, si afferma che le terre e rocce da scavo non sono da considerarsi un rifiuto a prescindere ma, in condizioni particolari, possono essere sottoposte allo stesso regime giuridico dei sottoprodotti.

Bisogna prestare tuttavia attenzione al fatto che l’applicazione della disciplina sulle terre e rocce da scavo (art. 186, D.Lgs. 152/2006), nella parte in cui sottopone i materiali da essa indicati al regime dei sottoprodotti e non a quello dei rifiuti, è subordinata a onere della prova (prova positiva), gravante su chi intende applicarla, della sussistenza delle condizioni previste per la sua operatività, in quanto trattasi di disciplina avente natura eccezionale e derogatoria rispetto a quella ordinaria.

Questo dice la sentenza 7 novembre 2018, n. 50134 della Corte di Cassazione Penale, ricordando il concetto di “inversione dell’onere della prova”, da applicarsi comunemente sui temi ambientali.

È importante quindi, capire bene la normativa applicabile e organizzarsi per dimostrare la compliance alle norme del proprio operato.

Da terre e rocce da scavo a sottoprodotti: condizioni e adempimenti

Per poter riutilizzare le terre e le rocce da scavo come sottoprodotti è necessaria la sussistenza di specifiche condizioni e l’adempimento di alcune pratiche.

Sul piano delle condizioni è richiesto:

  1. Che le terre e rocce da scavo possano essere utilizzate senza subire trattamenti diversi da quelli normalmente previsti dalla pratica industriale applicata
  2. Che soddisfino i requisiti di qualità ambientale previsti per legge
  3. E che non rappresentino fonte di contaminazione (diretta o indiretta) per le acque sotterranee.

Soddisfatti questi requisiti, l’azienda che ha i suddetti scarti dovrà adempire agli obblighi informativi e documentali previsti sulla base della quantità di terre e rocce movimentate.

Per approfondimenti sul tema ti invitiamo a leggere questi nostri articoli del Blog:

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